Dove i Simbruini sfiorano i 2000 metri

Il monte Tarino


Salita alla seconda vetta per altezza dei Monti Simbruini con una breve traversata, dalle sorgenti dell’Aniene nei pressi di Filettino fino alla piccola stazione sciistica di campo Staffi. L’inizio dell’escursione è in corrispondenza del campeggio che si trova in località “Fiumata” che si raggiunge percorrendo un paio di chilometri di stradello asfaltato (cartello lungo la strada provinciale che sale a Filettino, poco prima di arrivare all’abitato). Lasciata l’auto nei pressi del camping si prende la strada sterrata sulla sinistra (693A) e ci si avvia in piano avendo sulla propria destra il rivolo d’acqua limpidissima che scorre su un letto di sabbia chiara; pur essendo inverno e non del tutto sereno i colori e l’ambiente sono comunque molto belli, l’acqua che serpeggia facendosi strada in mezzo a prati verdissimi pur se in inverno è una visione non così frequente sulle nostre montagne. Si cammina abbastanza a lungo in piano sempre in ambiente aperto e con la costante compagnia del suono dell’acqua che scorre fino a raggiungere dopo circa tre chilometri un’ampia radura (1.100 mt) dove la sterrata termina e diviene un sentiero che si insinua nel bosco. Da questo punto inizia la salita, prima lieve e poi via via sempre più sostenuta, che si svolge all’interno del Vallone dell’Acqua Corore alternandosi sui lati del fosso anche per aggirare qualche salto roccioso. Il bosco è fitto e bellissimo: nonostante le piante siano completamente spoglie la luce filtra a stento tra una miriade di tronchi slanciati ed altissimi ed anche se solo apparentemente sempre uguale a sè stesso, a ben guardare il bosco che si attraversa muta in continuazione le proprie sembianze tappezzando i dossi che fanno ala al sentiero. Dai 1.200 metri la salita diviene più intensa e con una lunga sequenza di svolte si prende quota senza mai uscire allo scoperto fino a che, superata la quota dei 1.600, il sentiero diviene meno faticoso e prosegue con lieve pendenza sempre facendo slalom tra i fitti alberi tra i quali ogni tanto fanno capolino le rocce sommitali della parete sud del Monte Tarino. Dopo un breve tratto in piano il sentiero esce improvvisamente allo scoperto proprio di fronte ad un altopiano carsico di ragguardevoli dimensioni: siamo nei pressi del Pozzo della Neve, un’ampia depressione in cui, come dice il nome, si deposita una gran quantità di neve che rimane fino a stagione inoltrata (non però quest’anno, almeno fino ad oggi, date le scarsissime precipitazioni e le temperature primaverili). Appena usciti dal bosco a sinistra proprio sopra al Pozzo della Neve si nota la poco accentuata cima del Tarinello, a destra si scopre la sommità del Monte Tarino mentre di fronte l’orizzonte è riempito dalla fila di cime più alte del parco Velino-Sirente. Poiché il sentiero si perde a tratti sotto la neve decidiamo di potarci direttamente sulla dorsale ovest che iniziamo a risalire con il panorama che si apre sulla vallata di Filettino fino a che, improvvisamente, compare la prima croce di vetta e subito dopo l’altra poco più in la: la visuale dalla cima del Tarino è notevole anche se oggi le nubi la fanno da padrone e quindi sia il Monte Cotento che i Cantari vanno e vengono dalla nostra visuale, comunque ogni tanto si riesce a distinguere la croce di vetta del Monte Viglio ad est. Sempre ad est si delinea la cresta del versante opposto di quello da cui siamo saliti che per fortuna appare abbastanza sgombra dalla neve tanto da poter essere affrontata anche senza i ramponi, seppure richiederà cautela su un paio di passaggi esposti sui ripidissimi scivoli di erba e rocce che solcano il versante sud della montagna: niente di complicato ma la prima parte della cresta est del Tarino è un tratto da percorrere prestando comunque attenzione, specialmente in discesa e con terreno bagnato. Superata la parte di cresta più affilata seguono un paio di sali scendi su dorsale un pò più ampia e quindi si rientra nuovamente nel bosco dove seguendo gli immancabili segnavia (che invero non ci hanno mai abbandonato sin da principio) si perde velocemente quota fino a trovarsi allo scoperto nella vasta radura dove è il valico di Monna della Forcina, crocevia di diversi sentieri come testimoniato da una palina piena zeppa di cartelli indicatori. Il vasto pianoro si trova alla quota di 1.600 metri e ci sarà da affrontare ancora un pò di salita per raggiungere il piazzale di Campo Staffi: si procede in piano dapprima lungo la sede di una comoda strada sterrata ancora dentro ad un bosco incantato dopo di che, sempre seguendo i segnavia, si inizia a risalire fino ad affacciarsi su una pista da sci e poi si passa sotto ad una seggiovia che anticipa di poche centinaia di metri il piazzale dove si giunge in breve. Anche se il meteo non è stato proprio generoso, specie all’arrivo in vetta, l’escursione appena compiuta è stata molto gratificante per le numerose attrattive che si incontrano lungo il cammino: i rivoli d’acqua accanto al sentiero nella parte iniziale, poi i boschi fitti fitti, il Pozzo della Neve ed infine il Monte Tarino con il suo notevole panorama di vetta l’avvincente cresta orientale … insomma anche questa volta la montagna ci ha reso contenti!!
In questa bella escursione ciò che di brutto non può essere taciuto è lo scenario che ci si presenta lungo il tratto in auto che si percorre per arrivare al campeggio. Di per sé molto suggestivo per via del torrentello appena formatosi che scorre limpido con una serie di anse e piccole cascatelle, l’ambiente risulta nella realtà piuttosto degradato: si susseguono infatti una serie di catapecchie posticce con attorno ammassati ogni sorta di materiali di risulta, qua e là cisterne di conservazione dell’acqua per gli orti, qualche immancabile ed orrida vasca da bagno per l’abbeveramento e poi, dulcis in fundo, si attraversa una vasta stalla a cielo aperto … innumerevoli bovini, cavalli e capre lasciati liberi di andare dappertutto si aggirano in un mare di fieno sparpagliato dovunque frammisto ad un tappeto di escrementi tra cui è anche difficile districarsi procedendo lungo la strada; mentre gli animali, non certo per colpa loro ma per un naturale e legittimo istinto, si stazionano volentieri nei rivioli d’acqua che si dipanano nel pianoro. Un vero peccato, perché anche il primo tratto di stradello asfaltato sarebbe adatto per fare una breve passeggiata. Ecco dunque dove muove i primi gorgoglii l’Aniene, un fiume che nasce sotto una cattiva stella e dal destino segnato, stando a guardare come poi appare qui a Roma vicino casa mia.